Lourdes, ovvero un sogno tutto umano…
Lourdes, ovvero un sogno tutto umano… Stampa E-mail

Considerazioni su “Lourdes”, il film della regista austriaca Jessica Hausner che ha partecipato alla Mostra del cinema di Venezia 2009.

La pellicola ha ricevuto il “premio Brian”, assegnato dall’ UAAR, per “l’approccio razionalista al tema del miracolo” e al “l’oggettività dello sguardo” della regia.

Le prime immagini del bel film Lourdes, della regista Jessica Hausner, sono accompagnate dall’Ave Maria di Schubert. Fa un grande effetto e l’atmosfera avvolge subito emotivamente tutta la sala del cinema.

E’ un dolore delicato quello che traspare dallo schermo, una sofferenza che cerca accoglienza, comprensione e umanità. Ma la distanza tra i “sani” e i “malati” è tanta.

Gli uni, forse inconsapevolmente, feriscono la sensibilità più acuita degli altri con parole, gesti, azioni e intenzioni e a volte sembra addirittura che siano invidiosi della malattia che rende gli altri più visibili.

L’attrice protagonista è molto brava e interpreta con espressività il personaggio evidenziato semplicemente da un cappellino rosso.

Alcune scene mi hanno toccato molto.

Lei, immobile per necessità, ma non muta, e comunque silenziosa, nel letto, mentre ai suoi lati due volontarie pregano in ginocchio: ci ho intravisto una violenza sottile, impalpabile, dai contorni sfumati nella pietà, che induce i bisognosi ad affidarsi, non avendo molti altri appigli, alla religiosità.

La perplessità della protagonista nell’ affrontare l’acqua dopo aver visto malati di eczema accedere alla speranzosa fonte, mi ha fatto sorridere e riflettere che quando si sta male non si va tanto per il sottile in nessuna cosa, come se peggio di così non si potesse andare.

E l’ostensione della “particola gigante”, durante una funzione, un rito, e che diviene oggetto di invidia se viene indirizzata verso quello e non l’altro malato. Io sono più malato di te, tu meno di me, sembrano dire gli sguardi, merito più io l’aiuto di dio….una classifica del dolore per accedere ai favori della provvidenza.

E c’è la bontà come egoismo o usata come merce di scambio: il personaggio di una volontaria, ossessivamente attenta, impegnata, che in realtà è molto malata e perciò anche lei speranzosa.

Mi ha colpito molto il momento in cui, per la giovane protagonista, si palesa l’incerta guarigione: è con una sensibilità tutta femminile che lei si alza e ritrova, in semplici gesti, come pettinarsi davanti ad uno specchio e fregiarsi di orecchini la propria identità e sicurezza. Ho notato, da parte degli altri personaggi, nessuna ostentazione di felicità, gioia, stupore.

E poi i risvegli al mattino, gli occhi sbarrati, con l’angoscia, la paura di ritrovarsi di nuovo immobilizzata, di non meritare più quella dispensa dal male.

Curioso il gruppo, prete, militare, donna volontaria, che mi ha ricordato la trinità, e che elargisce risposte e consigli a tutti con autorevolezza ed estrema pacatezza.

La pellicola rende davvero bene il clima di Lourdes in cui migliaia di pellegrini uniscono le loro sensazioni, le loro speranze in luoghi fortemente suggestivi, con funzioni religiose, cortei, canti, candele. L’effetto positivo almeno sull’anima, dice il prete, è assicurato; già, dico io, un bell’effetto placebo amplificato a livello di comunità.

Ci sono nel film immagini e dettagli preziosi, mani che si sfiorano, sguardi, sorrisi. I dialoghi sono asciutti ma importanti per i contenuti e i concetti che esprimono e perché definiscono con cura le varie personalità degli interpreti.

Non è un film “triste”, la regista ci sa infatti condurre con intelligenza tra le pieghe della vita, dell’amore, con acutezza ma anche con una lieve ironia. La scena della festa finale ne è solo un esempio. E’ un film però misurato, non vi sono eccessi, nessuna licenza di spettacolarità gratuita, gliene sono grata.

Poi c’è una donna anziana presente, quasi muta. Non si sa chi sia ma accompagna la protagonista, la guida, la segue sempre. Non è un angelo, è solo una donna, forse rappresenta l’empatia umana, l’aiuto. Sarà questa donna, dal volto triste, una maschera da tragedia greca, che alla fine riporterà la protagonista delicatamente alla realtà dopo quel viaggio strano, di speranza e di illusione che sembra un sogno… un sogno tutto umano.

Cathiatea

 

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