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Un nostro socio, con riferimento alla questione riportata da Cathia nell'articolo precedente, ha pubblicato oggi l'articolo che segue, sul sito dell'Associazione LibertàEguale, del cui Direttivo Nazionale fa parte e della quale sono autorevoli esponenti due dei firmatari del DdL, Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini:

CROCIFISSI NELLE AULE di Cino Casson (11 Febbraio 2010) Probabilmente stimolati dalla recente pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), alcuni senatori del PD - tra i quali Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini, autorevoli esponenti di LibertàEguale - hanno presentato un disegno di legge per normare l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche.
Tale proposta di legge - che ha il pregio, ma è l'unico, di essere breve e chiara - stabilisce, in via generale, l'obbligo di esposizione del crocefisso; ammette, tuttavia, la possibilità, da parte di chi se ne sentisse "turbato" di richiederne la rimozione, affidando una "composizione" delle diverse esigenze al dirigente scolastico.
Un primo ordine di riflessioni riguarda le possibili soluzioni "concordate", tra le quali il DdL cita soltanto l'eventuale esposizione di altri simboli religiosi.
Francamente riesce difficile immaginare una parete costellata di vari oggetti di culto; esistono credenze religiose che non hanno alcun simbolo "prevalente" ed esistono - sì, ci sono anche loro e non sono cittadini di serie B - coloro che non aderiscono ad alcun credo religioso, la cui coscienza potrebbe essere "offesa" dal Buddha tanto quanto dal crocefisso.
Il comma 3 del DdL, poi, prevede che, in caso non si trovi una soluzione condivisa, il dirigente scolastico, previo parere del Consiglio di Istituto, adotti una decisione "che realizzi il più ampio consenso possibile".
Si attribuisce al dirigente scolastico (mi rallegro di essere, da tempo, un dirigente scolastico in pensione!) la responsabilità di decidere; sarebbe stato logico - discutibile, ma logico - che, se l'obbiettivo è il più ampio consenso (cioè un principio maggioritario), il parere del Consiglio di Istituto, organo che rappresenta "democraticamente" le diverse componenti scolastiche, fosse vincolante, perché la maggioranza del Consiglio stesso deve essere assunta come rappresentativa del "più ampio consenso possibile"; ma il parere del C d'I non è vincolante.
Cioè il dirigente scolastico potrebbe decidere discostandosi dal predetto parere, assumendo su di sé la responsabilità - e la presunzione - di interpretare la più ampia maggioranza: un discreto pasticcio.
Stefano Ceccanti, rispondendo ad una obiezione, ha osservato che, poiché l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche è prescritta, attualmente, solo da disposizioni amministrative, normarla in una legge potrebbe consentire un ricorso alla Corte Costituzionale per farne dichiarare l'incostituzionalità. Argomento suggestivo, degno di un fine costituzionalista quale Ceccanti è, ma, a mio modo di vedere, abbastanza capzioso. Esistono una quantità di consuetudini di dubbia costituzionalità, ma non è una buona ragione per statuirle per legge in modo da poterne fare oggetto di ricorsi alla Corte.
Una concezione laica dello stato - che dovrebbe essere nella "constituency" del PD - inviterebbe, se mai, a proporre una legge che vieta l'affissione del crocefisso, lasciando ai fautori del contrario l'eventuale ricorso alla Corte Costituzionale.
Se l'esposizione di un simbolo religioso fosse un diritto soggettivo - come sembra ipotizzare la soluzione prospettata al comma 2 del DdL di esposizione di diversi simboli - spetterebbe a chi ne rivendica il soddisfacimento l'onere di richiedere una pronuncia della Corte.
Diversamente si dovrebbe ritenere che quello dei credenti nella Chiesa cattolica sia un diritto costituzionalmente tutelato "a priori", superiore ai diritti dei credenti in altre religioni (e dei non credenti); tesi che sicuramente un costituzionalista come Ceccanti non potrebbe condividere.
E, francamente, invocare l'autonomia scolastica per scaricare la "rogna" sui dirigenti scolastici mi sembra un tantino esagerato

 

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