I “SEPOLCRI IMBIANCATI” Cino Casson Con la cautela che contraddistingue il quotidiano dei vescovi, “Avvenire”, le gerarchìe vaticane sembrano esprimere qualche “presa di distanza” dal Presidente del Consiglio; e dimostrano, ancora una volta, di quanta ipocrisia siano capaci.......
Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta e responsabile CEI per la famiglia osa: «Il disagio aumenta, certo. E credo che una domanda di chiarezza possa essere posta». Possa essere posta. Ah, monsignore, quale ardire! Si possono porre domande di chiarezza perfino a Berlusconi! Un passo avanti, rispetto a quanto aveva affermato, all’assemblea generale dei vescovi, il segretario generale Mariano Crociata – nomen omen – che aveva diffidato a non strumentalizzare la questione morale: «Ognuno ha la propria coscienza e capacità di giudizio». Eh, già; e la sua coscienza? E la sua capacità di giudizio, monsignor Crociata? Possiamo “porle la domanda” di conoscerle? Ma, adesso, dopo le storiacce che arrivano da Bari, ad “Avvenire” si sono lanciati: «Non potevamo più stare zitti»; e Marcelli, capo della redazione romana, ha scritto di un «disagio» che si va diffondendo tra i vescovi. Con una prosa un po’ involuta, certo, ma, insomma … «Il punto centrale, ci sembra, è la necessità di arrivare il più presto possibile a un chiarimento sufficiente a sgomberare il terreno dagli interrogativi più pressanti, che non vengono solo dagli avversari politici ma anche da una parte di opinione pubblica non pregiudizialmente avversa al premier (…) Proprio per questo clima di smarrimento crescente, è lecito domandarsi se il presidente del Consiglio abbia finora scelto la linea di resistenza migliore e i difensori più appropriati». Forse un’allusione a Ghedini e alle sue espressioni più infelici? Ma, attenzione, pare di capire che, più della sostanza, ai vescovi interessi metter fine al “gossip” :«si pongano almeno i presupposti per evitare ulteriori stillicidi di chiacchiere e di tempeste mediatiche ». Ammettendo, bontà loro, di non illudersi che « ... l’efficienza dell’azione di governo possa far premio, sempre e comunque, sui comportamenti privati». Insomma, pare di capire, i vescovi sarebbero sensibili agli eccessi di disinvoltura morale e sarebbero a disagio nel dover difendere scelte di governo, se il governante si dimostrasse un maiale. O, almeno, tale sembra essere l’opinione di monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo: «Tra il livello pubblico, di governo, e quello privato e inviolabile, di coscienza, c’è un terzo piano: quello dell’immagine. I comportamenti di chi governa possono determinare maggiore credibilità oppure una delegittimazione, parziale o totale (…) certi comportamenti possono incrinare la fiducia fino a una delegittimazione di fatto». Tuttavia lo stesso vescovo sembra si accontenterebbe di abbastanza poco: «Mi basterebbe che Berlusconi facesse una dichiarazione pubblica per fugare ogni dubbio. Che dicesse: sulla mia onorabilità, di uomo, garantisco che non è vero». Beh, caro monsignore, l’ha già fatto. E, in modo non certo rispettoso della concezione cristiana del giuramento, giurando “sulla testa” dei suoi figli. Se tanto le basta … Diversamente, tuttavia, sembra pensarla Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltro, per i quale chi governa si giudica dalla politica e i problemi privati «riguardano la sua coscienza e il rapporto con Dio, se ci crede». Se ricordiamo quanta violenza le gerarchie vaticane abbiano manifestato all’epoca del “caso Englaro”, con quanta crudeltà abbiano condannato l’aborto praticato su una bambina brasiliana, con quale proterva sicumera abbiano preteso, e pretendano, di dettare al parlamento italiano i contenuti della legislazione su materie “eticamente sensibili”, l’atteggiamento molto “soft” nei confronti delle trasgressioni del premier fa capire che, alle gerarchie ecclesiastiche, interessa sempre poco dell’anima di Berlusconi e ben più della sua politica a favore degli interessi della chiesa cattolica. Non c’è da stupirsene, è una costante nella politica della chiesa/stato Vaticano trovare accordi con ogni regime e con ogni governante, a prescindere dal regime e dalle qualità morali del governante, in cambio di ben corposi interessi.
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