RU486 dieci anni di ritardo Stampa

 

Con 10 anni di ritardo rispetto agli altri paesi europei (ad esclusione di Irlanda e Portogallo dove l’aborto è vietato) l’Agenzia per il farmaco italiana  (Aifa) si appresta a registrare oggi in Italia il farmaco Mifepristone RU486 che permette alle donne di interrompere la gravidanza per via farmacologia anziché chirurgica (da non confondere con la pillola del giorno, contraccezione d’emergenza, che non consente l’ovulazione dopo il rapporto a rischio gravidanza).

La pillola abortiva non è un’automedicazione.......

 

 

e si potrà utilizzare, secondo la normativa della legge 194 sull’interruzione di gravidanza, sotto controllo medico negli ospedali ma anche nei consultori.

Dieci anni di ritardo tutti italiani , ricordavo, sui quali hanno pesato la resistenza di un fronte del NO formato dai soliti noti in nome della vita, che hanno obbligato le donne alle prese con una decisione penosa e già gravosa di per sé a misurarsi con un intervento chirurgico.

Negli ospedali italiani molte  donne hanno vissuto perciò finora un doppio dramma peggiorato  dalla numerosa schiera di medici obiettori di coscienza i quali hanno aggravato le difficoltà delle strutture sanitarie pubbliche ospedaliere e il lavoro dei pochi colleghi non obiettori praticamente obbligati a lavorare solo sulle interruzioni di gravidanza.

Ora il fronte del NO cerca di   bloccare l’autorizzazione dell’Aifa argomentando la pericolosità del farmaco come se l’aborto chirurgico non lo fosse.  Parlano di 29 donne morte nel mondo (dal 1988 ad oggi) a causa della RU486 dimenticando di confrontare le morti per aspirina o per Viagra o per altri medicinali  che sono molte, molte  di più.

Tutti i farmaci sono “pericolosi”, la parola greca “farmakon” ha il duplice significato di farmaco e di veleno, ma, ritengo, che sia molto più pericolosa per la donna una mentalità in cui il dolore, dell’ aborto come quello del parto, debba sempre ricordarle “il peccato originale”.

Così come la pillola anticoncezionale e la fecondazione assistita, la RU486 viene osteggiata anche per non permettere alle donne di gestire con autonomia  le decisioni riguardo la procreazione che mettono in discussione il potere, spesso declinato al maschile, sul suo corpo e sui fondamenti patriarcali della società.

Come atea mi auguro che oggi pomeriggio l’Aifa  possa esprimere una posizione razionale e scientifica autorizzando la somministrazione del farmaco negli ospedali italiani.

 

Cathia                                                                               Venezia 30 Luglio 2009